Depressione - cause - terapia -
Nell'uso corrente la depressione é un nome unico per molti stati di sofferenza diversi.
Essenzialmente è una condizione di tristezza e di sfiducia che troviamo, spesso, accompagnate da:
- Irritabilità
- Perdita di interesse per le attività quotidiane;
- Alterazione dell'alimentazione e del ciclo del sonno;
- Senso di affaticamento e di perdita di energia vitale;
- Incapacità di concentrarsi e di prendere decisioni;
- Insoddisfazione generale
STIMOLAZIONE  MAGNETICA TRANSCRANICA





Si  può parlare propriamente di depressione, quando abbiamo la presenza contemporanea di alcuni di questi stati in modo marcato e con la convinzione che la situazione sia sempre più senza vie di uscita.
La depressione come forma della tristezza
La depressione si manifesta attraverso uno stato di tristezza, che può arrivare sino all'umore tormentato e crucciato della depressione melanconica.
È una tristezza di cui la persona sa indicare l'inizio, ma non la causa.
Una persona lamenta una tristezza profonda, che si propaga su tutte le cose e su tutte le attività del suo Io. Ricorda perfettamente l'episodio da cui è nato tale sentimento; ha perfettamente chiaro che, ad un certo punto, si è aperta una parentesi nella sua vita. Il quando è perfettamente chiaro. Tuttavia non sa indicare il perché.
Ma non ogni tristezza è depressione, sebbene nella depressione vi sia sempre tristezza.
La perdita di una persona cara, del lavoro o un evento che induce un senso di fallimento possono produrre uno stato di tristezza prolungata. Questa condizione non è tuttavia patologica, perché agli occhi della persona la tristezza ha una ragione che è senza dubbio completa. In questi casi, c'è tristezza ma propriamente parlando non c'è depressione.
La depressione può essere un buco nella coscienza e nella storia del soggetto.
Ad es. una giovane donna ha lasciato un uomo che ha amato; quando, dopo un anno, lo incontra casualmente con un'altra donna emerge un sentimento di abbattimento e di tristezza; a questo segue una fase in cui la vita inizia a perdere di senso e la depressione prende il sopravvento. In questo caso la depressione è legata ad una contraddizione che la giovane donna avverte dentro di sé. Tra le ragioni che l'hanno spinta alla separazione e la sofferenza prodotta dal rivederlo con un'altra persona c'è qualcosa di nascosto che va indagato.
La depressione come rottura del sentimento del proprio valore
L'altro elemento fondamentale della depressione è la diminuzione del sentimento del proprio valore, fino a diventare, nella depressione melanconica, vera e dichiarata autosvalutazione. Nella forma più grave la persona può anche arrivare alla convizione di una fine e di una punizione imminente.
L'intensità del sentimento di autosvalutazione è uno dei parametri principali per capire quanto è grave la depressione.
Più questo sentimento si aggrava, più la persona si ritiene colpevole di quanto gli sta succedendo e pensa di non essere in grado di uscirne.
Il sentimento di autosvalutazione può arrivare fino alla convinzione di essere il più infimo e indegno della terra. Così, l'autosvalutazione determina un umore ancora più nero, e l'umore abbatte ulteriormente l'animo della persona che non riesce più a fare ciò che per gli altri è elementare oltre che vitale.
Molto spesso la persona può invertire questa discesa anche solo utilizzando le sue risorse e la sua capacità di riconoscere la sopravvalutazione degli aspetti negativi, mentre in altri casi è necessario un aiuto psicoterapeutico (e farmacologico).
La depressione come perdita del sentimento della vita
In questo caso il sentimento di autosvalutazione raggiunge un apice: la persona può arrivare a sentirsi l'essere più abietto della terra o il peggior criminale; anche il sentimento di tristezza acquisisce una sorta di strana autonomia: diviene perdita del sentimento della vita, in cui il soggetto si sente sempre più distaccato dal corpo e dalle sue azioni. L'autosvalutazione e la perdita del sentimento della vita inglobano sempre più tutte le attività della persona, senza più spiragli. In certi casi, alla fase depressiva, si alterna quella maniacale. Il soggetto riconosce l'esagerazione, l'eccesso e alla fine anche la costrizione dell'euforia maniacale: si sente costretto internamente.
Le condizioni che si presentano anche nelle altre forme depressive, raggiungono una intensità massima. L'insonnia può raggiungere livelli di irrequietezza disperata. La rottura della capacità decisionale può raggiungere livelli tali che la persona può sentirsi immersa in uno stato di assoluta estraneità rispetto a tutto. L'irritabilità, che facilmente diventa rabbia, si accentua molto, e ad essa si può aggiungere il pensiero della cattiveria delle altre persone. Il pensiero del suicidio può essere costantemente presente, oppure lo stato d'animo può essere così depresso da essere già sentito come una forma di morte. Le attività che risultano in genere fonte di soddisfacimento o di gioia risultano difficili, anche a causa di pensieri bizzarri che interferiscono nell'attività.
In questi casi, è necessario, senza dubbio, l'aiuto terapeutico. Il soggetto può non riuscire a risolvere da sé il problema. Ha bisogno da un lato di qualche cosa che metta un freno a questa volontà interna che schiavizza; e nello stesso tempo di ottenere almeno un momentaneo riposo, attraverso la sospensione degli obblighi sociali, di lavoro o famigliari. Il ricorso ai farmaci in questi casi deve essere sempre considerato seriamente, come uno strumento per ritornare davvero a vivere
La funzione della depressione
Comunemente si considera uno stato depressivo come una reazione preoccupante. Pensiamo, invece, che spesso si tratti del contrario: la società contemporanea esige l'efficienza costante del corpo e della mente; le persone sono spinte, dai condizionamenti di una società costruita sulla macchina, a non avere mai cedimenti e ad aderire ad un buon umore apparente.
Se questa è la società della depressione, perché le statistiche lo confermano, è anche vero che è una società che non attribuisce valore positivo ai momenti di crisi e di sconforto. Viene dimenticato troppo facilmente che un momento di sconforto può essere l'occasione per pensare alla propria vita in modo critico, molto più che un "normale" e apparente "stare su di giri".
Nella nostra esperienza professionale constatiamo che per una persona può essere altrettanto grave trascurare una depressione quanto cercare di essere sempre in uno stile di vita in cui prevale l'apparire sempre di buon umore.
Crediamo che cancellare il dolore con rimedi artificiali, negarne la realtà con la volontà, nasconderne la presenza sforzandosi di apparire efficienti, sia la maniera migliore di impedirne il superamento.
Esiste una forma di depressione che si produce in seguito ad eventi ben definiti della vita, presentandosi come reazione ad una sofferenza prodotta da una perdita, da una difficoltà o da un fallimento. Sotto questa luce, la depressione può essere una reazione di fronte alla perdita o ad una difficoltà o ad un evento che produce un senso di fallimento.
Si tratta quindi della reazione di fronte a qualcosa di importante, che è cambiato.
La persona soffre perché ciò che è importante è stato in qualche modo perso; ad es., quando si ritorna da un viaggio in cui ci si è trovati bene, si possono avere delle depressioni transitorie. In questo come in molti casi della vita quotidiana, non si tratta di malattia, ma di una reazione di fronte ad una perdita.
La reazione depressiva alla perdita, ha una funzione fondamentale: quella di essere l'avvio del processo di separazione. Si può dire che in questi casi, la depressione, costituisce un processo necessario al benessere mentale della persona. Sotto questa luce, la depressione è assolutamente necessaria per superare il momento di crisi.
In questi casi, la depressione è l'effetto del riconoscere che ciò che si è perso aveva, contemporaneamente, caratteristiche buone e caratteristiche negative.
La depressione è funzionale alla salute psichica quando la persona riesce a valutare in modo realistico ciò che è stato perso. Consideriamo la fine di una relazione amorosa: se la persona continua a pensare che tutta la colpa è stata del partner, difficilmente riuscirà ad avviare il processo necessario di comprensione e valutazione che gli permette di superare l'evento doloroso della perdita affettiva; se invece la persona accetta di riconoscere i lati positivi del partner di conseguenza dovrà vedere i lati negativi propri; dovrà perciò accettare nel proprio Sé dei lati "cattivi", che hanno compromesso il rapporto. Quando questo riconoscimento avviene, la persona vede il buono e il cattivo in Sé e nell'altro. A questa constatazione profondamente realistica, non può che seguire una depressione (che non è patologica) e che è l'effetto di una profonda presa di coscienza.
In questi casi la persona dovrà riuscire a vedere da entrambe le parti il buono e il cattivo, avviando così il processo di separazione; la depressione che emerge in questi casi è dunque funzionale alla consapevolezza faticosamente ma utilmente raggiunta.
Le forme di depressione grave e le forme maniaco-depressive
Depressione grave o melanconia
Esistono forme di depressione che producono una perdita totale del sentimento della vita; queste forme si chiamano comunemente melanconia e consistono in un umore depresso accompagnato da un grave svilimento del senso del proprio valore. La persona è costantemente attraversata da una angoscia senza limiti, indefinibile quanto alle sue cause e ai suoi effetti, aggravata da autoaccuse il cui contenuto è palesemente esagerato. 
Un'altra forma molto grave è la malattia denominata disturbo bi-polare, o psicosi maniaco-depressiva. Questa malattia è caratterizzata dall'alternarsi da due fasi di umore contrapposto: una fase di umore depressivo si alterna con una di umore esageratamente euforico. 
Sia la melanconia che la forma maniaco-depressiva sono condizioni particolarmente gravi che richiedono un intervento molto specifico e tempestivo. Sono condizioni particolarmente debilitanti, paragonabili a forme di malattia organica, e richiedono la massima attenzione e in primo luogo un intervento inteso a modificare il tono dell'umore. Esse non vanno cioè confuse con gli altri stati depressivi, caratterizzati da uno stato di tristezza e di tedio, poiché in questi ultimi la capacità di lavorare e di svolgere le normali attività non è compromessa, anche se può essere resa difficoltosa dalla sofferenza provata; in queste forme meno gravi domina inoltre un senso di insoddisfazione che non ha nulla a che fare con la perdita del sentimento della vita o con l'esagerato, irrequieto ed angoscioso iperattivismo della condizione maniacale. 
Le autoaccuse sono prodotte da un senso di responsabilità eccessivo ed immaginario che però schiaccia la vita morale della persona come un reale misfatto.
Il melanconico ha innanzitutto un atteggiamento caratterizzato dalla grandezza e della immensità; quando si ritiene responsabile di qualcosa, egli in realtà pensa di essere colpevole e arriva a considerarsi un criminale. 
Nonostante non abbia nulla da rimproverarsi, o addirittura nonostante una vita morale irreprensibile e rigorosa, la persona melanconica ritenga di avere compiuto dei misfatti di cui ritiene possa essere accusatae per i quali può considerarsi un grande criminale. L'episodio a cui si riferisce il melanconico, nelle sue autoaccuse, può essere anche reale, anche se non lo è sempre; ma in ogni caso il melanconico assume su di sé una responsabilità del tutto sproporzionata a ciò che è accaduto. L'evento in cui si è trovato coinvolto è sempre caratterizzato da una perdita o da una separazione da qualcuno o da qualcosa; questo episodio può essere, ad esempio, il ricovero di un proprio genitore in un ospedale per anziani, di cui la persona si sente "colpevole"; oppure una malattia di un genitore o di un partner, che fa precipitare la persona in una angoscia, che si trasforma presto in autoaccusa melanconica.
La depressione può alternarsi ad uno stato di esagerata euforia, detta condizione maniacale.
Nella forma maniaco-depressiva troviamo due condizioni emotivamente molto diverse, ma che hanno entrambe sullo sfondo l'angoscia. 
Nella fase depressiva, infatti, l'umore è così negativo e così profondamente triste da coincidere con uno stato angoscioso vero e proprio: è una angoscia pervasa dal senso del nulla e della morte ; la persona vede in modo cupo sé stessa e il mondo circostante e si sente senza via di scampo in una condizione di disperazione. 
Nella fase detta maniacale, si instaura invece una euforia associata con la necessità imprescindibile di agire e di fare: ogni attività che già appartiene alla sfera di interessi della persona, diviene importantissima, fondamentale, ma per breve tempo. L'euforia diviene con il tempo talmente inquieta ed esagitata da essere paragonabile all'angoscia vera e propria. Via via che la condizione di euforia aumenta, la persona la persona fa sempre più fatica a portare a termine le attività iniziate; cresce l'inquietudine; ogni attività occupa ora un tempo brevissimo e questo tempo diviene sempre più breve: la persona passa da una cosa all'altra nel giro di pochissimo tempo e l'euforia a poco a poco è diventata vera e propria disperazione. In questa fase la persona è in genere potentemente reattivo, è espansivo, ironico, si lascia trascinare nelle discussioni e si appassiona. Ripensando a questa condizione la persona può avere un certo rimpianto, come se si trattasse di un periodo di vita intensamente vissuta. 
Perché una condizione venga definita maniaco-depressiva non basta però questa alternanza dell'umore; è necessario anche che nella condizione maniacale la persona compia atti palesemente caratterizzati dall'impossibilità di mettere freni alla propria volontà: spese folli e acquisti esagerati, accompagnati da sentimento di una propria grandezza e della grandezza di ciò a cui ci si appassiona. Non basta, cioè, per parlare di fase maniacale, il fatto che la persona manifesti forme anche accese di reattività e di aggressività.
Una corretta valutazione del tipo di depressione è necessaria e utile 
La depressione è una condizione che ha differenti cause e diverse forme di gravità. Ciò che costituisce un punto di difficoltà nella valutazione e nella comprensione delle differenti forme di depressione è anche il fatto che la depressione ha come sintomo principale una modificazione dell_umore, il quale può manifestarsi sempre nello stesso modo, cioè essere riconosciuto da diverse persone che ne soffrono come la medesima tristezza, anche se in realtà le personalità in cui si è prodotto differiscono tra loro. E_ necessario e utile una corretta valutazione della depressione in quanto tale e anche della personalità in cui si radica e di cui è espressione; anche chi ne soffre può utilmente cercare di acquisire maggiore consapevolezza della propria condizione di sofferenza, delle sue cause attraverso gli strumenti culturali e scientifici che esistono. Tuttavia bisogna affermare con decisione che è compito specifico dell_operatore, medico o psicologo discriminare con attenzione tra le diverse forme di depressione. Questo è un compito della più grande importanza e nessuna parola è sprecata se serve a mettere in guardia tra le facili similitudini tra le diverse forme di depressione. Come ognuno constata facilmente, infatti, si apprendono frequentemente tragiche notizie di cronaca in cui una persona inspiegabilmente si uccide o uccide i famigliari; e in questi casi qualche volta emerge che la persona era affetta da depressione ed in cura presso un servizio psichiatrico. In questi casi la depressione, forse, non è stata adeguatamente valutata e non si è considerato attentamente che tipo di personalità ci fosse alla sua base.
Quando si presenta come condizione transitoria e connessa ad una perdita, ad una separazione o ad una delusione reale viene chiamata comunemente lutto. Il lutto è una condizione di depressione connessa ad una perdita affettiva oppure a qualcosa di valore ideale. Il lutto è una condizione che si verifica quando abbiamo dato un grande valore affettivo a qualcuno o a qualcosa e, di conseguenza, soffriamo per la perdita che si è prodotta. Il lutto si configura così come il primo passo in un processo di separazione, che utilizza prevalentemente le risorse della sofferenza e che, quando svanisce, fa sentire la persona come rinata. Nel lutto quindi la differenza tra Sé e ciò che è perduto si mantiene e la persona può lentamente ritrovare nel proprio Sé le sue energie vitali.
All_opposto la depressione grave, detta anche tradizionalmente malinconia, che può essere anche caratterizzata dall_alternanza con stati di eccitazione euforica e progressivamente angosciosa (stati maniacali), è uno stato non transitorio e che non deve essere considerata una reazione "fisiologica" del mentale; la malinconia è segno infatti di una sofferenza personale molto forte e va considerata come una malattia, essa cioè non va sottovalutata in nessun caso. Nella melanconia la persona soffre perché il proprio Sé non riesce ad accettare qualcosa che avviene nella realtà; questa non accettazione è così radicale che la persona sprofonda in una non-vita.
In alcuni casi, la persona ammalata di depressione vive ed ha vissuto da sempre un contrasto interno tra i propri desideri ed inclinazioni e la possibilità di metterli in atto.
Esistono forme di depressione che possono quanto la depressione grave portare ad una condizione di tale sofferenza da rendere difficili le attività di lavoro e di vita sociale quotidiana. Ma in questi casi la capacità della persona di risolvere il problema riflettendo sulla propria vita e sui propri sentimenti sembra essere intatta; la persona non sembra lottare contro una volontà ostile interna, come nel caso della melanconia. Anche questo tipo di depressione può subentrare in funzione di una perdita o di una delusione. In questo caso la persona vive ed ha vissuto da sempre un conflitto interno tra i propri desideri ed inclinazioni e la possibilità di metterli in atto; soprattutto nel campo dell_amore, ma non solo, la persona depressa ha accettato nella sua vita di risolvere questo contrasto rinunciando ai propri desideri e alle proprie inclinazioni, alle aspirazioni profonde del proprio Sé. La persona depressa ha cioè da sempre avuto una grande sfiducia nei confronti dei propri desideri e inclinazioni
Depressione e senso di colpa
In alcuni casi la depressione può essere associata ad un senso di colpa.
Bisogna considerare attentamente l’espressione senso di colpa. Il senso di colpa è una sensazione, come dice la parola stessa, di avere commesso qualche  cosa di male e di dannoso; quindi di conseguenza, per senso di colpa può intendersi una sensazione di avere commesso una azione biasimevole e criticabile.
Quando la colpa commessa è cosciente e razionale, dovremmo parlare di assunzione di responsabilità. Una persona, per esempio, è in colpa per avere commesso un atto che lede un’altra persona. In questo caso, il fatto di ledere gli interessi, i bisogni e gli elementi vitali di un altro rendono questa azione biasimevole. Quando proviamo questa forma di responsabilità morale è perché siamo in grado di metterci al posto dell’altra persona, di condividerne gli interessi e i problemi, di immedesimarci, di entrare in una risonanza con le sofferenze dell’altra persona, e di ragionare come se l’azione che noi abbiamo compiuto potessimo noi stessi subirla. Questo atteggiamento è razionale ed è alla base della capacità dell’uomo di stringere patti, di fidarsi e di contrarre rapporti sulla base della fiducia e della parola data.
Il senso di colpa però, così come ormai è un dato acquisito dagli studi e dalla ricerca psicoanalitica, è una cosa del tutto diversa. Esso interferisce nella vita della persona rendendo sgradevoli delle azioni che non si può dire che ledano qualcuno se non immaginariamente. Il senso di colpa è dunque, a differenza dell’assunzione di responsabilità, un problema immaginario; per ragioni del tutto estranee al fatto in sé stesso, la persona può sentire di non poter fare una certa cosa e può sentire addirittura che una azione è criticabile e biasimevole, anche se nulla a livello razionale giustifica questo giudizio. Questo fattore è il maggiore responsabile della sofferenza nevrotica. Essendo immaginario il senso di colpa, a differenza dell’assunzione di responsabilità, non ha un limite; è difficile fermarlo.
Il senso di colpa  può produrre una condizione di impasse che presto si traduce nella perdita della possibilità stessa di decidere e di agire in vista di una meta che produca soddisfazione; l’impasse che impedisce la realizzazione di ciò che si vuole genera dunque una tristezza di fondo, che è determinata dal non poter realizzare i propri desideri e i propri progetti.
Gli studi e la ricerca dimostrano che in molti casi il senso di colpa è radicato nei conflitti infantili che la persona ha avuto con le figure genitoriali. Questi conflitti, anziché essere stati risolti, sono stati solo apparentemente cancellati.
La tristezza che si radica in questi conflitti e nel senso di colpa correlativo, è determinata quindi da una impasse che può essere risolta solo affrontando la propria vita globalmente, come un tutto composto anche dalla vita infantile e adolescenziale; è solo affrontando la propria vita come una totalità che la radice del senso di colpa può essere ridotta o annientata.
Curare le cause
La depressione è in alcuni casi una reazione perfettamente adeguata, transitoria e superabile, a certi eventi dolorosi della vita; in altri casi è legata ad una difficoltà che la vita di oggi, con il suo carico di conflitti e tensioni, pone ad ogni persona.
La depressione è, in altri casi, la manifestazione esterna di un malessere più profondo. La cura deve tenere conto del fatto che la depressione è una espressione di un vissuto, è una forma di comunicazione, è un messaggio.
Nella depressione, infatti, c'è qualcosa che riguarda non il proprio cervello, ma la propria vita. Si tratta di fare sì che la persona veda la propria vita come la propria storia, cioè qualcosa di particolare a sé stesso, qualcosa che ha un senso e un valore specifico.
Il farmaco allora può tamponare una situazione di difficoltà; può intervenire creando le premesse ad un lavoro psicoterapeutico; può rafforzare la fiducia del soggetto in sé stesso, ma la causa può essere affrontata solo utilizzando il proprio pensiero, solo iniziando un viaggio di riflessione sulla propria vita.
Ciò che va affrontato nella cura è il modo con cui la persona depressa affronta la propria vita. La persona depressa affronta le scelte, le decisioni e le situazioni, senza tenere conto dei propri veri desideri; la persona depressa sottovaluta il valore dei propri desideri.
Nella cura allora sarà necessario riconsiderare questa modalità di relazione con la vita, in modo da acquistare più sicurezza e autostima.
Può essere utile allora che il depresso incontri qualcuno in una posizione di ascolto, come accade nei gruppi o nelle sedute individuali. L'ascolto può permettere alla persona di imparare a confidare sulla propria capacità di progettare e di scegliere, affrontando anche i rischi insiti nei progetti e nelle scelte.
La persona depressa è in genere "bloccata", inibita nell'esprimere quei sentimenti che sembrano mettere a soqquadro i rapporti personali, poiché si tratta di emozioni vissute come potenzialmente in grado di rompere i rapporti di affetto. Con la terapia può riuscire ad esprimere pensieri e sentimenti (che possono coinvolgere anche i familiari) imparando a non avere paura ad esprimere le proprie emozioni, ad esempio, la rabbia, l'aggressività, e la noia.. La persona depressa può allora imparare a non vedere nulla di terribile nell'espressione dei propri sentimenti
Andare dallo specialista
"Andare da uno specialista può essere un passo difficile, faticoso e con molte conseguenze emotive.
Nel senso comune è considerato normale che chi sta male, chi soffre nel corpo, si rivolga ad un medico. Dal medico ci si attende un aiuto per venire a capo della propria sofferenza.
Non è però la stessa cosa se il "male" di cui si soffre non è così facilmente circoscrivibile, delimitabile, "oggettivabile" mediante una strumentazione diagnostica.
La sofferenza psichica coinvolge l'individuo nel suo più intimo essere e può mettere a repentaglio l'equilibrio stesso del suo rapporto col mondo.
A causa della natura psicologica, spirituale del proprio male, chi soffre di depressione può incontrare una certa "incomprensione" in coloro che lo circondano. Questo in molti casi raddoppia la sofferenza e rende più acuto il distacco fra sé e il resto del mondo, approfondendo la solitudine.
Quindi, da un lato, almeno in certi momenti, il rivolgersi a qualcuno "che ne sappia" è fantasticato come una soluzione che possa finalmente fare uscire da quella condizione così stagnante, così apparentemente priva di un orizzonte di speranza, che è caratteristica della depressione.
Dall'altro, il momento della consultazione è visto come l'ammissione a sé stessi, e agli altri, dell'esistenza del problema. In realtà ognuno, in queste condizioni, si domanda quale sia la fonte delle sue difficoltà. E, in fondo, sa - pur se gli è estremamente difficile ammetterlo - che queste difficoltà riguardano la parte più profonda di ciascuno.
Che questo problema si presenti nella forma di una inibizione, di una depressione marcata, di una insoddisfazione generalizzata per le cose della propria esistenza, di una ansia pervasiva o di una angoscia ripetutamente sperimentata, ad esempio il timore di malattie incurabili, rimane comunque carico di enigmi.
Venendo ad incontrare qualcuno, uno psicoanalista ad esempio, ci si può sentire stretti nell'imbarazzante ruolo del "malato".
Un malato, però, dalle caratteristiche particolari. Se ci si rivolge allo psicologo, allo psicoanalista, si teme di avere problemi "solo di "testa", cioè si è vittima del pregiudizio che non sia il caso di dare retta ai propri sintomi quando questi non possiedono quella "visibilità" che lo sguardo medico esige.
Lo si consulta, allora, con una sorta di "vergogna", come se non si fosse in diritto di farlo. Ci si sente come uno che le ha provate tutte e si trova davanti all'ultima spiaggia. Può esserci un che di "disperato" nella domanda di aiuto rivolta alla psicoanalista.
Eppure quando questa domanda giunge a superare tutte le resistenze di cui sopra, quando riesce a formularsi apertamente e il passo della consultazione è fatto, allora veramente si può dire che un individuo che soffre si apre ad una speranza.
Nella disperazione che a volte accompagna la richiesta di un consulto c'è la speranza più feconda: quella di chi trova in sé la forza di non arretrare di fronte agli interrogativi essenziali che riguardano la propria esistenza."
                  
                           Sono purtroppo molte le persone che non rispondono ai trattamenti farmacologici per la cura della depressione, il male oscuro che colpisce sempre più sia donne che uomini. Oggi però, una nuova ricerca statunitense riaccende le speranze per chi non è riuscito a trovare sollievo con gli interventi tradizionali.

STIMOLAZIONE  MAGNETICA TRANSCRANICA
I ricercatori della Medical University of South Carolina (Usa) hanno condotto uno studio per valutare

gli effetti della stimolazione magnetica transcranica in persone affette da disturbo dell’umore,

meglio conosciuto come sindrome depressiva, che non avevano risposto ai trattamenti farmacologici.
Per lo studio sono stati reclutati 190 soggetti, in seguito suddivisi a caso in due gruppi.

 Circa la metà di questi sono stati sottoposti a terapia magnetica transcranica

rivolta all’attivazione di alcune specifiche parti del cervello. L’altro gruppo, quello di controllo,

è stato trattato con un dispositivo identico ma senza l’attivazione dei magneti.
I partecipanti hanno dovuto indossare un casco che trasmetteva gli impulsi magnetici, o meno,

 alla sezione frontale del cervello per 37 minuti al giorno per tre settimane.

Al termine delle tre settimane di trial i dati raccolti hanno permesso al dottor Mark George e colleghi

di stabilire che il 14% degli appartenenti al gruppo sottoposto alla stimolazione magnetica transcranica

aveva provato un reale quanto significativo sollievo dai sintomi della depressione.

Tra gli appartenenti al gruppo di controllo vi era stato unicamente un 5% di casi di sollievo dai sintomi depressivi.
«I risultati di questo studio suggeriscono che una ripetitiva stimolazione magnetica transcranica prefrontale

è una monoterapia con pochi effetti collaterali ed effetti antidepressivi significativi per pazienti depressi unipolari

che non rispondono ai farmaci o che non li tollerano», ha dichiarato sulle pagine del Telegraph.co.uk il dottor George.